Valentina che insegna l’italiano alle nuove leve della Silicon Valley
da: Corriere.it 23 gennaio 2017
Valentina che insegna l’italiano
alle nuove leve della Silicon Valley
di: Massimo Sideri
Si chiama così: «La Scuola». In italiano. Impossibile non notarla a San Francisco, a poche centinaia di metri dalla sede principale di Twitter. Nata solo pochi anni fa come piccola scuola per gli espatriati italiani che non vogliono fare perdere ai propri figli il bagaglio culturale d’origine, La Scuola, anche grazie all’applicazione del metodo di Reggio Emilia, si sta trasformando in una scelta chic per le famiglie bene della Silicon Valley . Un po’ come la scuola francese a Milano. «Attualmente solo 61 dei 223 bambini che frequentano i corsi hanno un genitore che parla italiano a casa», spiega la responsabile della scuola Valentina Imbeni, figlia di uno degli storici sindaci di Bologna, Renzo Imbeni, che le ha passato la passione per l’educazione. In realtà la direttrice della scuola era arrivata qui negli Stati Uniti, dopo gli studi a Cambridge, per fare tutt’altro: la ricercatrice a Berkeley. Ha scelto il destino, un cambio di vita inatteso e legato alla nascita dei figli. «Ho scoperto questo istituto nel 2005 dopo la nascita del mio primo figlio. Al tempo era una piccola struttura per famiglie come la mia». Nel 2007 la mini scuola entra in crisi. Troppi costi e poche domande di iscrizione. San Francisco è una città con forti legami con il nostro Paese: qui un banchiere di origine italiana, Amedeo Giannini, ha fondato quella che oggi è Bank of America e che nel 1904 era la Bank of Italy. La città ha avuto anche tre storici sindaci di origine italiana. Ma anche per gli italoamericani di terza o quarta generazione lo studio della lingua italiana è una scelta inusuale, tanto che, oltre a questa, esiste solo un’altra scuola in italiano negli Stati Uniti, a New York. È con la crisi che Valentina, ingegnere dei materiali, decide di prenderne le redini trasformandola in un caso di successo: solo nel 2012 gli studenti erano 130, ora sono 223. «L’anno prossimo — aggiunge Imbeni — avremo per la prima volta la Sesta (in pratica, la prima media). Poi aggiungeremo la Settima e l’Ottava e a regime contiamo di avere oltre 400 studenti». La struttura è privata e si basa sul classico fund raising all’americana: cena di gala e assegni (dallo Stato italiano la scuola riceve 1.500 dollari). «Anche per permettere a chi non ha le risorse di frequentare la nostra scuola: circa il 20 per cento degli alunni — ci tiene a sottolineare Imbeni — ha delle riduzioni di retta di vario livello». La scuola è cara: la retta costa 25 mila dollari l’anno. E d’altra parte la bella struttura che ha occupato quella che nella prima metà del Novecento era la Scuola del «Sacro Cuore» si trova al centro di Lower Heights, uno dei quartieri colpiti dal fenomeno della cosiddetta «gentrification», cioè la radicale trasformazione socioeconomica delle aree popolari che diventano di moda. Qui siamo a pochi passi da luoghi come Russian Hill, dove i professionisti della tecnologia sono disposti a pagare anche 10 mila dollari d’affitto mensile per un appartamento di tre stanze(tte) con vista sul sogno americano.
E d’altra parte il metodo emiliano dell’innovatore Loris Malaguzzi, con il suo apprendere e imparare facendo, piace proprio perché ricorda un po’ l’approccio della Valle del Silicio e di società come Google, Facebook, Uber o AirBnb. «Penso che la crescita dell’interesse per la scuola — conclude Imbeni — dipenda in parte dalla lingua italiana, ma in parte anche dal metodo di Reggio Emilia, eccellenza italiana».