Il Museo Egizio di Torino
da il Sole 24 Ore
Museo Egizio milionario
Torino
Marco Carminati
Il nuovo Museo Egizio di Torino ha superato il suo primo anno di vita e traccia i primi bilanci. Bilanci che l’efficiente presidente Evelina Christillin (appena insignita del prestigioso Premio Capo d’Orlando per la sezione “Management Culturale”), il dinamico direttore Christian Greco e il suo affiatatissimo staff hanno tracciato in modo molto pragmatico, soddisfatti dei risultati ma senza retorica e trionfalismi, con i dati di oggi alla mano e la mente protesa al futuro, per capire come si possa fare ancor meglio. Osservando come sono andate le cose, il direttore ha individuato tre vie d’azione per capire come il pubblico ha recepito il museo, come il museo è stato recepito a livello internazionale e come si possa far diventare il Museo Egizio di Torino sempre più il fulcro dell’egittologia internazionale. Sul fronte della ricezione del pubblico, il Museo ha segnato un risultato senza precedenti: in un anno e venti giorni è stato visitato da un milione esatto di visitatori (in precedenza il picco più alto si era registrato nel 2006 in occasione delle Olimpiadi invernali con oltre 500.000 presenze). Il direttore è soddisfatto ma non gongola: «Quando abbiamo inaugurato il museo non potevamo sapere esattamente come il pubblico l’avrebbe davvero percepito: adesso lo sappiamo meglio. Sappiamo, ad esempio, che il percorso di due chilometri e mezzo su quattro piani è fisicamente molto impegnativo e dunque dovremo ripersare l’offerta, magari suggerendo visite a tema da compiersi in tempi diversi. Ci siamo accorti anche che la Sala dei Papiri, che pur contiene pezzi inestimabili, è disertata. Anche qui dovremo ripensare a come renderla più attraente». Il percorso del Museo offre circa 3.300 reperti, ma il Museo Egizio possiede qualcosa come 50.000 pezzi. Dove sono conservati tutti questi oggetti? «Pensi che questa è una domanda molto ricorrente anche da parte del pubblico. Così, nel dicembre scorso, abbiamo pensato di assecondare tale curiosità creando lungo tutto il percorso di visita delle “Gallerie della Cultura Materiale”, vale a dire dei grandi armadi-vetrina nei quali abbiamo posto altri 11.000 oggetti serratissimi tra loro e divisi per tipologia, materiali, forma e funzione». A tutta evidenza queste “Gallerie” stanno riscuotendo un grande successo, tanto che i curatori delle singole sezioni si presi la licenza di a inserire tra i pezzi originali degli insidiosi “intrusi”, ad esempio statuette di plastica che si vendono nel book shop, per spingere il pubblico ad aguzzare la vista e, perché no, a divertirsi un po’. E sul fronte della percezione internazionale, come sono stati i risultati? «Direi ottimi - replica con soddisfazione il direttore. - Il museo è stato visitato dai più autorevoli egittologi e archeologi del mondo ed io stesso sono stato ripetutamente invitato a presentarlo in molti consessi internazionali in Europa, America e Africa. Ma al di là dei riconoscimenti, che ovviamente sono molto gratificanti ed incoraggianti, ciò che più mi preme è che il Museo Egizio di Torino torni a essere un grande centro di ricerca internazionale». In che modo? «In diversi modi. Innanzitutto producendo una serie di mostre di ricerca che mettano in risalto i legami lunghissimi e profondissimi intessuti tra il mondo egizio e l’Occidente, dalla civiltà cretese fino a Giacometti». Detto per inciso, la prima mostra della serie è allestita fino al 4 settembre all’ultimo piano del museo. Si intitola Il Nilo a Pompei. Visioni d’Egitto nel mondo romano e mette in luce, attraverso reperti di spettolare bellezza (statue, dipinti, frammenti e oggetti di culto) come il mondo delle divinità egizie e i loro culti vennero recepiti e si diffusero nel mondo romano, e in particolare a Pompei, dove il culto di Iside ebbe una grande fortuna. La mostra segue le tappe della diffusione dei culti dall’Egitto in Occidente e in Italia, raccontandole con oltre 300 reperti provenienti da musei italiani e stranieri, compreso il Museo Egizio stesso. Dopo una sezione introduttiva sulla prima ricezione dell’Egitto in Grecia e in Italia, si evoca il ruolo centrale di Iside e Osiride nella religione egizia, per passare poi alla rilettura ellenistica di queste divinità all’epoca dei faraoni greco-macedoni e alla conseguente diffusione dei culti detti “isiaci” in Occidente, soffermandosi sulle importanti testimonianze isiache dei siti campani di Pozzuoli, Cuma e Benevento. Il nucleo centrale della mostra presenta reperti provenienti dalle città sepolte dall’eruzione del 79 d.C., Pompei e Ercolano; queste, oltre a ospitare santuari di Iside, ci hanno restituito una ricca documentazione di un Egitto amato e riprodotto anche al di fuori di contesti strettamente religiosi. Il percorso si conclude praticamente a casa, con i bronzi riferibili al culto di Iside portati alla luce nel sito archeologico di Industria, nell’attuale provincia di Torino. «Le mostre sulla ricezione del mondo egizio - continua Christian Greco - sono uno dei filoni delle nostre ricerche; un altro sarà dedicato a spiegare la storia stessa del museo e l’importanza della sua presenza a Torino». Ma al di là delle mostre, quali sono gli altri indirizzi di ricerca? «Ad esempio nutriamo l’ambizione che il Museo diventi una sorta dipartimento universitario: abbiamo dottori di ricerca dall’università di Pisa, dottoranti dall’università di Basilea e uno studente egiziano che studia i reperti animali del nostro museo. Stiamo perseguendo anche importanti progetti di Archeometria per conoscere meglio le nostre collezioni. Le mummie, ad esempio, sono stare sottoposte alla Tac per capire il loro stato di conservazione». E qui è emersa una curiosa sorpresa. Una mummia si è rivelata essere “falsa”, o meglio si è rivelata essere un bel pastiche , nel quale il defunto mummificato ostenta due belle mani rinsecchite, ma sono entrambe due mani sinistre! Ecco la prova che - anche nei musei - la ricerca non deve fermarsi mai
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